Borsa Italiana entra in maniera diretta nel mercato dei titoli derivati sulle materie prime agricole. Quello da tempo sotto esame nel dibattito legami tra speculazione finanziaria e andamento su scala globale dei prezzi di beni di prima necessità come il grano o la soia. Dal 21 gennaio debutta infatti Agrex (Agricultural Derivative Exchange) un nuovo segmento del mercato italiano dei derivati dedicato specificamente alle materie prime agricole. Non che fino ad ora alla Borsa di Milano non si potessero compiere operazioni legate a questi mercati: come abbiamo già raccontato altre volte su questo sito si potevano già scambiare gli Etf, che sono prodotti finanziari legati al mais, al frumento o alla soia. Si trattava, però, comunque di titoli legati all’andamento difutures quotati altrove (principalmente alla Borsa di Chicago, punto di riferimento mondiale per i cereali).

Adesso invece con Agrex si scambieranno dei veri e propri futures su prodotti agricoli quotati direttamente alla Borsa di Milano. Dal 21 gennaio si parte con quelli sul grano duro, prodotto molto importante per l’industria alimentare italiana. Quello del grano duro è un mercato relativamente piccolo rispetto a quello del frumento: se ne producono 30 milioni di tonnellate contro i 650 milioni di frumento. Fino ad ora l’unico altro mercato deifutures sul grano duro stava a Winnipeg in Canada e dunque Milano si propone come la piazza di riferimento per l’Europa e per il Nord Africa (anche il cous cous si fa con il grano duro).

Il fatto che siano quotati dei futures sul prezzo del grano duro non è di per sé un male: i titoli derivati sono infatti prodotti finanziari che nascono con funzione assicurativa; servono a coprire dai rischi di oscillazioni eccessive dei prezzi tanto i produttori quanto le industrie alimentari che hanno bisogno di grano duro. E infatti nella conferenza stampa di presentazione tanto Borsa Italiana quanto i rappresentanti di alcune grandi aziende alimentari italiane hanno parlato della funzione di stabilizzazione del prezzo del grano duro che Agrex dovrebbe svolgere. E va anche detto che – almeno questo primo titolo – avrà una caratteristica importante: tutti gli acquisti saranno legati al bene fisico, cioè al grano duro effettivamente disponibile. Materialmente chi compra uno di questi titoli acquista un minimo di 50 tonnellate di grano duro che fanno riferimento a un silos di Foggia dalla capacità massima 240.000 tonnellate. Quindi non dovrebbe esserci il problema della compravendita di quantità di grano o di petrolio cinque o dieci volte superiori alla produzione effettiva, che nella tempesta del 2008 fu uno dei volti più conncreti della speculazione sulle materie prime sui mercati internazionali.

La domanda è: basterà questo a garantire che le porte restino chiuse alla speculazione? O detto in altri termini: è davvero impossibile che oggi, in caso di un’ondata di siccità che dovesse colpire i raccolti di grano duro, chi guarda alle commodities agricole semplicemente come un’opportunità per investire grandi quantità di denaro con forti rendimenti a breve corra ad accaparrarsi contratti facendo schizzare i prezzi alle stelle? Il minimo che si possa dire è che questa novità di Borsa Italiana chiede con ancora maggiore urgenza l’adozione di regole forti e organismi di vigilanza severi per questo tipo di mercati: tema in agenda ormai da tempo nella politica europea.

Anche perché c’è un altro dettaglio non indifferente da tenere presente. Annunciando Agrex Borsa Italiana ha detto in maniera molto chiara che quelli sul grano duro saranno solo i primi futures e che Milano punta a divenire una grande piazza di riferimento in Europa per il mercato dei titoli derivati legati all’agricoltura, «sfruttando le potenzialità internazionali offerte dal fatto di essere parte del gruppo London Stock Exchange (la Borsa di Londra)». Quali altri futures hanno in mente e con quali caratteristiche? E il fatto che Londra in Europa sia il governo che da sempre pone maggiori ostacoli all’adozione di regole sui mercati finanziari c’entra qualcosa con tutto questo?

Un’ultima osservazione a margine: tutto questo succede nella Milano di Expo 2015. Quella che ha messo a tema la questione «Nutrire il Pianeta, energia per la vita». Sono anni che su queste colonne indichiamo la questione del rapporto tra cibo e finanza come uno dei nodi che Expo non può permettersi di ignorare. E a Milano su questo tema c’è anche una campagna in corso che si chiama «Sulla fame non si specula» e ha lanciato un appello in questo senso. In questi anni a favore di questa iniziativa molti politici hanno espresso parole di adesione e tra loro c’è anche il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, commissario per Expo 2015. Forse è arrivato il momento di vedere se erano solo parole.

by Giorgio Bernardelli