L’Europa prova a darsi regole per frenare la speculazione finanziaria, soprattutto quella che riguarda i beni di prima necessità e alimentari. Ci sono voluti quasi tre anni di negoziati. Alla fine, nella notte del 14 gennaio a Strasburgo, i rappresentanti del Parlamento europeo, della Commissione europea e dei governi degli Stati membri hanno raggiunto l’accordo sulla riforma della direttiva MiFID, quella che stabilisce le regole per i prodotti finanziari scambiati in Europa. Un accordo giunto sul filo del rasoio, ormai alla vigilia della fine della legislatura europea.

L’obiettivo della riforma della direttiva MiFID è rendere più trasparenti i mercati finanziari e chiudere dei veri e propri ‘”buchi” nella regolazione dei mercati finanziari resi sempre più larghi dall’innovazione tecnologica e alle pratiche iperspeculative.

Sono almeno tre le novità essenziali introdotte dall’accordo. Innanzitutto una maggiore trasparenza: d’ora in poi le transazioni finanziarie potranno avvenire solo attraverso mercati regolamentati.

In secondo luogo, ed è l’aspetto che più riguarda le materie prime e i beni alimentari, verranno introdotti dei limiti di posizione: significa che un operatore finanziario non potrà mai avere in mano oltre una certa quota di titoli legati al mercato di una determinata materia prima; questo per evitare che possa influenzarne l’andamento a partire dai propri interessi, non necessariamente coincidenti con quelli degli altri. Questo varrà, oltre che per i prodotti alimentari, su quelli petroliferi, altro settore su cui si è concentratata spesso la speculazione (anche se l’accordo raggiunto stanotte prevede che per i prodotti petroliferi i limiti di posizione entrino in vigore solo nel 2016).

La terza importante novità è che il Mifid II prevede delle misure contro l’High Frequency Trading, cioè quei sistemi che oggi permettono agli operatori finanziari di comprare e vendere titoli attraverso sistemi automatizzati che ragionano per algoritmi matematici, compiendo anche migliaia di operazioni in un minuto, all’unico scopo di trarre il massimo profitto dagli scambi finanziari in modo speculativo.

“Per la prima volta in UE, agiremo per impedire la speculazione sui beni alimentari” ha detto la vicepresidente della Commissione per gli affari economici e monetari del Parlamento europeo (ECON) Arlene McCarthy. “Prezzi alti e volatili hanno un impatto devastante sui paesi poveri e dipendenti dal cibo”. “Abbiamo combattuto duramente, lavorando a stretto contatto con le ONG, così da assicurare la creazione di un sistema efficace di limiti da imporre agli operatori finanziari” ha proseguito la McCarthy. “Abbiamo raggiunto tutto questo nonostante l’opposizione del governo britannico e dei conservatori”.

Il raggiungimento dell’accordo in sede europea, osteggiato da diversi gruppi e frutto di lunghe negoziazini fra posizioni diversi, è anche il risultato di numerose inziative di informazione e di advocacy della società civile europea. In Italia a esprimere soddisfazione è stata la campagna Sulla fame non si specula, lanciata a Milano da un gruppo di cittadini e associazione che vede anche il sostegno di enti locali come il Comune di Milano e la Provincia autonoma di Trento.

Uno snodo decisivo dell’applicazione della riforma MiFID riguarderà proprio i limiti di posizione. L’accordo prevede che siano stabiliti a livello nazionale dai singoli paesi membri: l’efficacia di questa misura dipenderà quindi dalle scelte dei singoli governi dell’Unione europea in fase di attuazione della direttiva. “Essendo un aspetto decisivo, sarà fondamentale vigilare perché questi limiti siano reali e le misure efficaci. In Italia noi saremo presenti e faremo sentire la voce di cittadini e associazioni” afferma Giorgio Bernardelli, uno dei portavoci della campagna italiana.

A sollevare analoghe preoccupazioni sono state organizzazioni come Oxfam e World Developement Movement, che soprattutto in Gran Bretagna portano avanti da anni una campagna di sensibilizzazione sul problema della speculazione sui beni alimentari.

“I limiti di posizione verranno fissati dai governi nazionali e non a livello europeo” si legge in comunicato di Oxfam International. “C’è il rischio che se, per esempio in Gran Bretagna, si dovesse fissare un tetto di limiti inefficace,  questo provochi una corsa al ribasso tra i Paesi europei”. L’Inghilterra è infatti tra i Paesi europei quello da sempre più restio a introdurre regole nei mercati finanziari.

di Emanuela Citterio (fonte: Unimondo)