Land grabbing, transazioni sul mercato dei derivati, operazioni sul mercato “fisico” del- le materie prime. Sono tutte strategie di profitto e sono tutte, ovviamente, operazioni di tipo speculativo. La straordinaria volatilità sperimenta- ta negli ultimi anni dai prezzi delle commodities (materie prime) alimentari ha fatto inevitabilmen- te discutere. Da un lato, si dice, c’è l’eccezionale svi- luppo economico di Cina e India, così come degli altri mercati emergenti più (America Latina) o me- no maturi (Africa), che trascina al rialzo la doman- da, e quindi i prezzi, dei beni alimentari. Ma dall’al- tro lato ci sono anche fenomeni parzialmente nuovi, almeno nelle dimensioni, capaci di spiegare eventi unici come le clamorose impennate dei prezzi registrate dal comparto alimentare negli an- ni più recenti. I picchi, dicono i dati FAO, si colloca- no negli anni 2008 e 2011, quando i principali indi- ci del comparto hanno evidenziato i loro record (vedi GRAFIco ). Numeri impressionanti, su cui hanno inciso alcuni fattori chiave.

IL LAND GRABBING

Tra questi il land grabbing, ovvero la corsa all’acca- parramento della terra. Nel solo biennio 2008-09, dicono le stime della World Bank riprese da Oxfam, il fenomeno (misurato in ettari comprati e venduti) è cresciuto del 1000% circa. Un affare per le corpo- ration (di Usa, Malaysia, Singapore ed Emirati Arabi soprattutto, secondo il network indipendente Land Matrix) che ha preso di mira molti Paesi (in Asia e in Africa in particolare) e che ha creato nel tempo un vero e proprio circolo vizioso. L’aumento dei prezzi ha fatto innalzare il valore dei terreni, mentre lo svi- luppo delle colture destinate ai biocarburanti – so- prattutto nel recente passato di fronte all’elevato prezzo del petrolio – ha ridotto la disponibilità di materie prime destinate all’alimentazione creando un deficit di offerta e un conseguente rialzo del va- lore di mercato di queste ultime.

IL TRADING

Ma la corsa alla terra non spiega tutto. Perché ad alimentare l’impennata dei prezzi, dicono i nume- ri, è stata anche la crescita dei volumi delle transa- zioni, tanto sul mercato fisico quanto su quello immateriale dei titoli derivati, ovvero quei con- tratti differiti d’acquisto come futures e forward che da “polizza di assicurazione” contro la volati- lità dei prezzi sono diventati col tempo uno stru- mento speculativo privilegiato. Nel 2003, dicono i dati della Banca dei Regolamenti Internazionali, i futures sulle materie prime (esclusi i metalli pre- ziosi) valevano 952 miliardi di dollari. Oggi siamo a quota 1,8 trilioni (mila miliardi) di dollari. E la si- tuazione resta ovviamente problematica. «I prezzi delle commodities alimentari sono attualmente più bassi rispetto ai picchi del 2008 e del 2011, ma sono comunque relativamente alti rispetto alla media degli ultimi 30 anni», commenta Marc-Oli- vier Herman, Economic Justice Policy Lead della Ong Oxfman International presso l’Unione Euro- pea. «In futuro si prevedono ulteriori rialzi, di fronte alla crescita della domanda globale e agli ef- fetti del cambiamento climatico».

L’Europa, attraverso la cosiddetta direttiva Mifid, ha avviato da tempo un processo di regola- mentazione dei mercati, ma le regole attuative in discussione (e non ancora approvate), sottolinea ancora Herman, «stabilirebbero limiti di posizio- ne (l’ammontare di capitale che è consentito inve- stire in operazioni di tipo speculativo nel compar- to, ndr) troppo elevati». Senza un cambio di rotta nei piani UE, in altre parole, le norme pensate per limitare la speculazione rischiano di rivelarsi so- stanzialmente inefficaci.

(Di Matteo Cavallito – Valori)

SUPPLEMENTO A valori / ANNO 15 N. 129 / giugno 2015